Il cambiamento proposto da un approccio sostenibile non riguarda solo l’inquinamento prodotto dalle fabbriche, ma soprattutto dalla modalità in cui vengono reperiti o ricavati i materiali e dalle condizioni dei lavoratori per l’intera filiera; inoltre è fondamentale l’eventuale presenza di avanzi delle produzioni che finiscono poi in discarica o in qualche caso vengono smaltiti in modo dannoso per l’ambiente.
La sostenibilità comporta sicuramente che il modello fast-fashion non sia tollerabile a livello ambientale, ma nemmeno che le condizioni di lavoro siano totalmente intollerabili lungo tutta la filiera. Questo modello però non è sostenibile. Ha infatti notevoli impatti ambientali, legati alle emissioni di gas serra, all’uso di suolo e al consumo di acqua, oltre che all’inquinamento delle falde acquifere e degli oceani. Inoltre, gli stabilimenti produttivi si trovano per lo più in Paesi in via di sviluppo dove non sempre vigono rigorose leggi in materia di diritto del lavoro molto lontani dalle politiche di altri brand che non sfruttano i lavoratori.
Ad oggi però l’unico impedimento per molte persone per l’acquisto di abbigliamento sostenibile è sicuramente dovuto dal prezzo; il costo è sicuramente più alto perchè il costo del lavoro è differente se si tratta di un artigiano che produce manualmente ogni capo rispetto ad una catena fast-fashion in cui spesso non si hanno forme di tutela sociale e nemmeno un salario equo.
Sicuramente però la qualità dei materiali e della produzione fanno la differenza e portano ad optare per un acquisto più consapevole di un minor numero di capi ma di qualità superiore.