Quando si parla di “fine vita” dei prodotti della moda, è fondamentale approfondire il concetto, le definizioni, le tipologie di scarto (o rifiuto) rinvenibili nelle varie fasi del ciclo di vita del prodotto.
Per rifiuto si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”, e si presentano in forma solida, liquida (se raccolti in un contenitore rigido) e i fanghi.
Sono due le macro categorie di prodotto oggetto del trattamento di fine vita. La prima sono i rifiuti tessili che provengono dalla produzione di filati e tessuti, dai processi di confezionamento dei capi di abbigliamento e dal retail, e vengono definiti rifiuti “pre-consumo”.
L’altra categoria è quella degli scarti tessili provenienti dall’utilizzo domestico.
La vita media di un capo di abbigliamento soprattutto nell’idea della moda fast fashion si aggira attorno ai 3 anni, dopo i quali viene gettato via. A volte anche gli abiti non utilizzati vengono buttati in quanto “passati di moda” o non più apprezzati.
Sono, questi, i rifiuti “post-consumo”, che vengono spesso immessi nei circuiti della beneficenza (vendite organizzate, raccolte, donazioni) oppure terminano il loro ciclo di vita negli impianti di recupero tessile o in discarica.
Possiamo però scegliere di fare qualcosa di diverso.
RECICLO
Parliamo cosi di reciclo, cioè il processo di trasformazione finalizzato a reinserire i prodotti in un nuovo processo produttivo e quindi in un nuovo ciclo di vita.
Parliamo invece di riuso quando ci riferiamo al riutilizzo di prodotti, ossia un allungamento del loro ciclo di vita, rivalorizzato in una nuova modalità di impiego e destinato a nuovi mercati e consumatori.
Nel sistema moda, quando si parla di Riuso Riciclo Materiali, è importante considerare le idee creative che sottendono alla sua rivisitazione e reimmissione nel mercato.
Da qui nasce una tendenza alla produzione di oggetti su misura, personalizzati, in cui il consumatore può prendere parte alle scelte: un processo in cui si manifesta un ritorno alla misura artigianale, alla lavorazione manuale, alla suggestione dell’oggetto unico.
Il riuso, in effetti, possiede numerose potenzialità, perché le cose scartate ogni giorno sono tantissime e perché il recupero conviene sia a chi cede che a chi acquisisce, riduce il prelievo di materie prime e la produzione di rifiuti, promuove condivisione e commistione di gusti e stili di vita.
Quando parliamo di “risparmio/riduzione” nei processi produttivi del sistema moda, facciamo principalmente riferimento all’efficienza energetica, derivante dalla possibile riduzione dei costi energetici e al contenimento del consumo di risorse idriche necessarie ai processi di lavorazione del prodotto e di depurazione dei reflui.
La gestione degli scarti di produzione e degli invenduti è diventato un grosso problema per l’industria della moda. I brand non possono più permettersi gli sprechi e non solo per ragioni economiche: produrre troppo o produrre male crea un danno ambientale, spreca risorse, che sono limitate.
Pensiamo inoltre che la lavorazione di una tonnellata di pelle grezze porta a 200 kg di prodotto finale in pelle, insieme a 250 kg di rifiuti non conciati, 200 kg di rifiuti conciati e 50.000 kg di acque reflue. Pertanto, solo il 20% del peso della materia prima viene convertito in pelle.
È stato inoltre stimato che il materiale che rimane nei magazzini dell’industria moda ogni anno, abbia un valore di oltre 100 miliardi di dollari. Stiamo parlando di enormi volumi di tessuto in perfette condizioni e di prima scelta, che alla fine, se non utilizzato finisce in discarica.
A partire da tali considerazioni, risulta importante il trattamento dei rifiuti e, quando possibile,Riuso Riciclo Materiali, per favorire un’economia circolare e perchè no la sostenibilità nella moda
Il riciclo o il riuso comportano:
- la riduzione del conferimento in discarica, che produce effetti benefici all’ambiente
- il minor depauperamento delle risorse naturali vergini
- la riduzione dell’inquinamento atmosferico e risparmio di energia, dal momento in cui le fibre, risultano reperibili localmente e quindi non devono essere trasportate da siti o Paesi Esteri.
- Il contenimento dello spreco di risorse idriche, che sarebbero necessarie in grandi quantità per realizzare nuove produzioni
- La riduzione dell’impiego di sostanze potenzialmente pericolose, come coloranti o agenti di fissaggio.